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Francesco Borgatti

Nato a Renazzo (Ferrara) il 30 maggio 1818, fu distinto giurista attivo e competente uomo politico. Laureatosi in legge all’Ateneo bolognese, andò a Roma per un ulteriore approfondimento degli studi; qui strinse rapporti d’amicizia con molti patrioti (Armellini, Sturbinetti, Pellegrino Rossi, ecc.) e, spinto da sentimenti liberali e da virili propositi, avvalorò con una valida attività politica il movimento di liberazione italiana iniziato con le riforme del Papa Pio IX: durante la guerra contro l’Austria del 1848 diresse, con il Mannucci, il giornale “La Speranza” e generosamente e intelligentemente funse da segretario generale degli affari esteri sotto i ministri Marchetti, Mamiani, Muzzarelli e Rusconi. “In questa qualità si adoperò per far accettare in Roma un intervento di milizie piemontesi; si studiò così di accomunare gli spiriti militari nei tre stati della penisola (Piemonte, Toscana, Roma) gettando le basi dell’unificazione” (Enciclopedia Biograf. e Bibliograf. Ital., Serie XLII, Roma 1941). Lodevoli e tempestivi furono pure i suoi tentativi per neutralizzare reazioni di qualunque tipo e “salvare le libertà costituzionali dal naufragio, da cui erano minacciate in Italia e fuori” (E. Michel). Nel periodo tra la prima (1848-49) e la seconda guerra (1859) d’indipendenza esercitò l’avvocatura a Bologna, senza peraltro disinteressarsi di politica. Rese preziosi servizi ai liberali dell’Emilia nella Guerra d’Indipendenza (1859) assumendo, a Bologna l’incarico di Segretario Generale degli Interni e, successivamente, quello di consigliere di Corte d’appello di Bologna. Caro ai Centesi per l’elevatezza dell’animo e della mente, venne da loro eletto deputato nelle legislature VII, VIII, IX, X, XI. La sua condotta alla Camera (si schierò a destra) fu ispirata al massimo disinteresse privato e al dignitoso adempimento del suo dovere: assiduo ai lavori del Parlamento, tenne discorsi importanti soprattutto di carattere giuridico, e fece parte, con competenza, di varie commissioni. Si assicurò pure la stima dell’altro ramo del Parlamento, quando, nel 1871 fu eletto senatore. Assolse dal febbraio al giugno 1866, con incontestabile capacità, il delicato compito di segretario generale del Ministero di Grazia, Giustizia e Culti e, dal giugno dello stesso anno al febbraio 1867, quello addirittura di Ministro del medesimo dicastero. Dal novembre 1876 fino alla morte fu vicepresidente del Senato. Morì a Firenze il 14 aprile 1885.

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